L’asse Scalfari-d’Alema contro Matteo Renzi

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Per Scalfari l’abolizione del Senato può portare a una deriva autoritaria: è quanto aveva già sostenuto per affondare il tentativo di riforma di Craxi

C’è un aspetto inquietante nell’idiosincrasia cerchiobottista di Eugenio Scalfari alla figura umana e politica di Bettino Craxi – il tentato riformatore delle “sabbie mobili” della Prima Repubblica attraverso la “Grande Riforma” del presidenzialismo – che scompare e riaffiora come i fiumi carsici negli ultimi trent’anni per poi riemergere sotto forma di sarcasmo provinciale sulla falsa riga del benaltrismo di Massimo Cacciari: la ricerca del “bersaglio perfetto”- da demonizzare quando si è a corto di argomenti e si ha paura del cambiamento -, pur di tenere in piedi un dispositivo costituzionale “maccartista” dal punto di vista ideologico di sinistra (ci si consenta il gioco di parole) quale è il bicameralismo perfetto. Una doppia Camera piena di Ghini di Tacco che, tra l’altro, ha creato il paradosso “monstre”- nell’era della supplenza dei tecnici- della anomala “Bicamerale Camusso-Fornero” sulla riforma dell’art.18, a causa della quale l’agognata flessibilità aziendale nel mercato del lavoro si è trasformata nella conservazione dirigistica del Gattopardo duro a morire ammazzato. Come denunciò Alessandro De Nicola, è un destino cinico e baro riservato – un po’ sulla falsa riga del megalomane Fanfani -“a chi crede che il legislatore sia in grado di creare il lavoro o le condizioni in cui lo stesso viene prestato” soprattutto se non si è passati dalla preliminare abrogazione della “foresta pietrificata” del Senato, un obiettivo troppo importante per non essere raggiunto dalla Realpolitik.
Si noti il linguaggio compassato del fondatore de “la Repubblica”, e il suo assist insperato fornito a Berlusconi che – al contrario della rappresentazione caricaturale alla Nanni Moretti che ne fanno la “Repubblica di Barbapapà” e il ducesco direttore de “il Fatto”- non è il burattinaio del Patto del Nazareno, ma precisamente la sua potenziale vittima tanto oggi quanto durante la Bicamerale con D’Alema che stava per rovinarlo costringendolo a fare le riforme senza amnistia. “Matteo Renzi – scrive Scalfari – è contento: malgrado l’assenza aventiniana d’una opposizione molto variegata, gli articoli della riforma costituzionale del Senato sono stati approvati a notte fonda tra venerdì e sabato, e soprattutto il Pd è rimasto compatto anche se il dissenso della sua ala sinistra è tuttora esistente. Lo sarà ancora di più quando tra alcune settimane sarà discussa in aula la quarta lettura della legge elettorale. Ma dovrà fare i conti con un dissenso che, soprattutto sulla riscrittura della Carta, è diffuso tra i partiti e molto motivato: l’abolizione del Senato comporta un indebolimento del potere Legislativo e un rafforzamento dell’Esecutivo che può indurre a imboccare la strada d’un governo autoritario. Personalmente lo dico e lo scrivo da molto tempo; adesso lo dice anche Berlusconi che fino a ieri quella legge l’aveva approvata ma lui, lo sappiamo, cambia parere secondo le sue convenienze. Ho ascoltato venerdì scorso, nella trasmissione televisiva guidata dalla Gruber, due colleghi politicamente esperti, Paolo Mieli e Giampaolo Pansa, che sostenevano entrambi questa tesi:Bettino Craxi e il suo partito socialista sostennero 35 anni fa quella che chiamavano “Grande Riforma” che assegnava appunto al Capo del governo tutti i poteri, come esistono da tempo in Germania con il Cancellierato e in Gran Bretagna con la supremazia del Premier. Ma la “Grande Riforma” craxiana non fece un solo passo avanti e non fu mai ripresa dai governi che gli succedettero, condizionati e taluni addirittura sconvolti da Tangentopoli. Adesso è finalmente arrivato Renzi che lotta efficacemente per il cambiamento, anche e soprattutto per quanto riguarda il potere Esecutivo…”. E poi -ovviamente- lo definisce il narciso di provincia che non conosce se stesso.
Caro Scalfari, magari fosse vero: le riforme si farebbero per davvero! Ma a chi scrive sembra di vivere nell’ultima frontiera del socialismo reale: le riforme si annunciano (da trent’anni), e forse non si faranno mai. Mentre l’Italia viaggia tranquillamente verso l’Argentina.

Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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