Fidel Castro, l’abbraccio letale

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Il 2013 ci sta lasciando con l’amaro in bocca, con una lunga sequenza di brutte e tristi notizie. E potrebbe segnare l’inizio dello sdoganamento del regime di Castro a Cuba. In occasione dei funerali di Nelson Mandela, in Sudafrica, la stretta di mano fra Barack Obama e Raul Castro lo fa presagire. Perché dovrebbe essere una buona notizia e invece è una funesta novità? Perché nonostante la parvenza delle riforme, Cuba è e resta sempre una dittatura. E la sua politica è e resta sempre ostile agli Stati Uniti e all’Occidente. Per accettare le novità cubane come buoni progressi si devono tenere delle gran belle fette di salame sugli occhi, costituite, in questo caso, da una lettura distorta della storia. Sia Barack Obama che una buona fetta dell’establishment democratico americano hanno sempre considerato Cuba come vittima di una grave “ingiustizia” statunitense (il prolungato embargo) e hanno perciò sottovalutato la durezza del regime totalitario sui suoi cittadini. Soprattutto, la sinistra statunitense, per non parlare di quella italiana, tende a considerare Fidel Castro come un leader democratico “costretto” ad abbracciare il comunismo, fin dai primi mesi dopo la rivoluzione, per potersi difendere dagli Stati Uniti. Per immunizzarsi da questa visione strabica della storia è bene leggersi “Fidel Castro, l’abbraccio letale” del nostro Carlos Carralero (edito da Greco&Greco, Milano 2013).
Si tratta di un libro inconsueto, non solo per il suo contenuto ideologico dichiaratamente anti-castrista, che fa da contraltare a tutta l’apologetica ufficiale che circonda ancora il lider maximo, ma anche per la sua forma. Non è una biografia, né un lavoro di storia. Visto così, uno storico storcerebbe il naso, per mancanza di continuità, obiettività, imparzialità (Castro viene sfottuto ogni tre per due dall’autore) e rigore delle fonti.
Non è neppure un libro-inchiesta, anche se ci si avvicina molto. Manca, infatti, quel gran lavoro di scavo nelle testimonianze e nei documenti segreti e finora mai rivelati che caratterizza le grandi inchieste. Non è un romanzo, perché manca la trama. Cosa ha fatto Carlos Carralero? Ha semplicemente messo assieme tutto ciò che di Fidel Castro è noto e verificato, ma (per pudore, opportunismo o ideologia) non si dice mai. Il motivo di questo libro ce lo spiega lo stesso Carralero: “Avevo parlato di Castro con un mio collega e ho visto quanto fosse stupito. “Ma perché queste cose non si dicono mai?” mi aveva chiesto incredulo. Dalla mia risposta è nato questo volume”.
Il libro ripercorre le origini del personaggio Fidel, figlio di una famiglia di possidenti spagnoli, con i genitori separati e un carico di forte rancore e megalomania coltivato sin dalla tenera età. Poi si passa direttamente all’azione e alla demistificazione: come fu costruito il mito della guerriglia nella Sierra Maestra, all’origine della rivoluzione. Quando Castro ebbe la fortuna di essere l’unico leader rivoluzionario sopravvissuto, poté prendere il potere senza avere concorrenti forti. Un lungo capitolo è dedicato alle guerriglie d’esportazione e ai legami con i gruppi terroristi anti-Usa.
Scorrendo la lista dei Paesi e del loro traumatico contatto con la rivoluzione cubana, dal 1979 ad oggi, si realizza che ci sono proprio tutti: tutta l’Africa e tutta l’America Latina sono state oggetto delle attenzioni rivoluzionarie di Castro. Anche qui: nulla di nuovo, ma messe tutte assieme (e lette tutte assieme) queste informazioni rendono l’idea della portata criminale della violenza castrista. Troviamo anche aspetti meno noti del dittatore, come la sua passione per la numerologia, in particolare il numero 13 (fateci caso: tutti o quasi i grandi eventi che riguardano Castro sono avvenuti il 13 o il 26 del mese). Si parla dei suoi contatti con il narcotraffico, in un capitolo molto ampio e ricco di riferimenti.
Per non parlare dello spionaggio cubano negli Usa. Oppure la lunghissima lista di “figli” della rivoluzione divorati dal Saturno-Castro: tutti i suoi fedelissimi epurati e fucilati nel corso dei decenni. C’è l’elenco di tutte le questioni su cui Fidel attribuisce la colpa a capri espiatori esterni: all’embargo, agli Usa, ai sabotatori, ecc. E infine si tocca con mano la distanza abissale fra parole (debitamente citate, dichiarazione per dichiarazione) e fatti: quel che Castro promise e realizzò alla rovescia, sui diritti, sulla prosperità e sulla pace. Non vale neppure la scusa dell’embargo Usa. Se l’isola è povera lo deve a cause interne al regime, non all’ostilità esterna. Quello dell’embargo, come ci spiega Carlos Carralero «…è il classico grande alibi del regime. Negli anni ’80, quando, da guida turistica, accompagnavo i turisti in giro per il Paese, loro facevano acquisti in dollari, in negozi speciali dove trovavano di tutto. Qualunque merce, anche cose introvabili come l’aspirina americana, lì poteva essere comprata. Da dove arrivava tutta quella roba, se non dagli Stati Uniti? A partire dal 2007 gli Usa sono diventati il quinto partner commerciale del regime cubano. Dal 2011, a Cuba entrano più di 5 miliardi di dollari dagli Usa, ogni anno: turisti, rimesse degli emigrati e commercio. Parlare di embargo (e qualcuno usa ancora la parola “blocco”, come ai tempi della crisi dei missili del 1962) è pura fantasia. Il problema del regime di Castro è nascondere il fatto che, dalla rivoluzione in poi, non ha contribuito a migliorare niente. Tutto è in decadenza e qualunque settore sta peggiorando, vittima della pianificazione economica, che è un modello fallito ovunque sia stato applicato, in Urss e in tutti gli altri Paesi comunisti. Basta vedere come il sistema economico cubano ha ridotto una città bellissima come L’Avana in una rovina».

Alla fine il lettore resta con una gran massa di informazioni differenti sui più disparati aspetti di Castro e del suo regime, ma con un unico leit motiv: la delusione.
Il lìder maximo è, sostanzialmente, una grande delusione: non ha coerenza, non ha neppure una vera e propria ideologia. Emerge come un anti-eroe alla ricerca del potere… e niente altro. Sono talmente tante le contraddizioni, le mistificazioni, le menzogne, le trame nascoste e le violenze mascherate da eroismo da rendere questo personaggio una reificazione del Grande Fratello (quello di Orwell, non quello della Tv), quel culto della personalità che ti fa dire “La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”.

Stefano Magni