Eravamo un paese di emigranti…


Un po’ di storia non fa mai male

… Fatto che solo pochi, ogni tanto, ricordano per esortare a non criminalizzare gli immigrati che arrivano dopo viaggi faticosi e precari, rischiando la vità. Situazioni che, in contesti diversi, hanno affrontato anche tanti italiani.
Nella seconda metà dell’ottocento, quando l’emigrazione italiana oltremare è diventata consistente, le società di navigazione si comportarono con la stessa spregiudicatezza degli scafisti attuali. Le condizioni di trasporto erano disumane, gli emigranti pigiati nel fondo della nave, spesso senza neanche vedere il mare, scoppiavano anche malattie infettive come il colera che decimavano gli infelici.
Avvenne piu’ volte che al porto di arrivo fu negato lo sbarco per motivi sanitari a navi con il colera a bordo che dovettero tornare in Italia con il loro carico di sofferenti. Che, se vivi, si ritrovavano al punto di partenza con i risparmi, anche frutto di collette tra parenti ed amici, andati in fumo.
Finchè una legge del regno non si occupo’ del problema e impose norme di trasporto piu’ consone alla dignità ed alla salute degli emigranti. E alle società di navigazione fu imposto di rimborsare il biglietto ai passeggeri se la nave era ritornata al porto di partenza per sbarco negato.
Vi sono stime attendibili sul numero di coloro che hanno lasciato l’Italia per andare in vari paesi del continente americano. Si sa meno su quelli che sono emigrati in Europa.
Tra il 1880 e la prima guerra mondiale si stima che partirono circa 14 milioni di persone, circa 700.000 all’anno, circa 58.000 al mese.
Cifre precise si hanno invece per l’immigrazione negli USA grazie al Us Department of Commerce e il Census Bureau.
Furono trenta i primi arrivati nel 1820, decine quelli negli anni successivi, decine di migliaia a partire dal 1880, centinaia di migliaia tra il 1900 e il 1914, con il massimo toccatonel 1907 di 285.731, quasi 800 al giorno.
Ma anche nel secondo dopoguerra le entrate negli Usa si misurano in decine di migliaia all’anno , con un massimo di 40.430 nel 1956.
Per molti anni, come succede ora per gli extracomunitari, l’immigrato italiano è stato guardato e trattato con diffidenza, specie nella società nordamericana, ma è indubbio che il popolo italiano ha dato un contributo determinante all’aumento della popolazione e dell’economia di alcuni paesi tra i quali, soprattutto, Usa e Argentina.
Un tale movimeto di emigranti ha avuto un’influenza notevolissima sui trasporti marittimi italiani sostenuti da tanti piccoli gruzzoli che hanno pagato il trasporto. E non sostenuti dai pochi biglietti dei vip di allora, la cui prima classe era arredata e forniva prestazioni di un hotel di gran lusso.
Per numero di navi, in quegli anni, l’Italia era seconda solo all’Inghilterra. Ma, quando negli anni venti e trenta il flusso migratorio è crollato, molte società marittime sono entrate in crisi. La maggiore di esse, la Navigazione Generale Italiana, vera multinazionale dell’epoca con dozzine di navi, scali in mezzo mondo e partecipazioni varie tra cui unabanca, fu salvata dall’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale ) e prese poi il nome di Italia.
Triste ironia : gli emigranti, senza saperlo, hanno dato un contributo notevole ad una parte dell’economia del paese che hanno lasciato per mancanza di un lavoro adeguato e dignitoso.

di Ettore Falconieri

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