Cipro, la pagina nera dell’Ue

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stefano
L’episodio di Cipro è già una pagina nera per l’Unione Europea. E ci si chiede quanto di liberale resti di questo progetto di integrazione del Vecchio Continente.
Il problema di Cipro è originato da cattivi investimenti. Le sue banche si sono troppo esposte con la Grecia e Atene è collassata. Per salvare il Paese dalla bancarotta, la soluzione suggerita dall’Eurogruppo (i ministri delle Finanze dei membri dell’eurozona) era semplice quanto brutale. Prelevare quasi un decimo di quel che è depositato nei conti correnti bancari ciprioti (il 6,75% da quelli inferiori ai 100mila euro e il 9,9% da quelli superiori).
Prima di tutto è stato messo in discussione il diritto di proprietà. I depositi sono di proprietà delle banche, si dice formalmente. Dunque, se le banche devono pagare i loro errori, paghino con quello che hanno. Il ragionamento pare non faccia una piega. Ma i depositi sono i soldi dei correntisti. Una banca ottiene fiducia dai suoi clienti se mette al sicuro i loro risparmi e li fa rendere. Se viene a mancare questa fiducia reciproca, è la fine del rispetto dei contratti e del sistema bancario, che sono alla base di ogni sistema di libero mercato. Qui si pone un problema in più: è uno Stato, su istigazione di un organismo sovranazionale che ha messo a rischio la tenuta del sistema bancario e ha creato incertezza. La società aperta (non solo il libero mercato) si distingue dalla dittatura proprio per la certezza delle regole e per i limiti posti all’arbitrarietà del governo. Nella proposta del “salvataggio” dell’Eurogruppo troviamo proprio l’opposto: piena arbitrarietà del governo e limiti alla certezza delle regole. Svegliarsi una mattina e rischiare di trovarsi con meno soldi in banca, per decisione del governo, è un episodio degno di una dittatura, non di una società aperta. E non importa che i grandi correntisti fossero russi. Una società aperta deve poter garantire certezza delle regole ed eguaglianza dei diritti a tutti, anche agli stranieri, agli ospiti. Fa veramente riflettere sentir impartire all’Ue una lezione di liberalismo da Vladimir Putin (presidente/autocrate della Russia) e constatare che, in questo caso, ha ragione lui.
Viene messa in discussione la democrazia. Non appena il provvedimento è stato messo ai voti, i parlamentari ciprioti l’hanno respinto quasi all’unanimità. E’ la dimostrazione che il meccanismo di “salvataggio” suggerito dall’Eurogruppo potesse funzionare solo con un regime autoritario, non con una democrazia. E non è la prima volta, fra le altre cose, che un voto democratico boccia clamorosamente una decisione o una proposta dell’Ue. La stessa struttura unitaria è emersa gradualmente senza mai passare dal voto: nessuno ha mai votato il Trattato di Maastricht, nessuno ha mai votato l’euro, nessuno ha mai votato il Trattato di Lisbona. Ora si teme che l’Eurogruppo passi ad un piano B (anzi: C, perché una proposta di compromesso è già stata bocciata dal parlamento di Nicosia), doloroso quanto il primo, trovando il modo di non farlo approvare con un voto democratico.
Viene messa in discussione la libertà, che per i liberali è inscindibile dalla responsabilità individuale. Si è liberi di sbagliare e di fallire. Le banche, come qualsiasi altra azienda, sono libere di fallire. Senza libertà di fallimento, non si può neppure parlare di libertà. L’Ue ha provato e tuttora prova ad impedire la bancarotta di un Paese membro e del suo sistema bancario. E lo fa obbligando cittadini innocenti (che non hanno commesso alcun errore) a pagare il conto, contro la loro volontà.
L’episodio di Cipro deve far riflettere noi italiani molto attentamente: nel 1992, anche noi italiani abbiamo subito un prelievo forzoso (lo 0,06% dei nostri conti correnti), dalla sera alla mattina, senza che ci venisse chiesto e senza neppure che ci venisse preannunciato dal governo Amato, allora in carica. E, contrariamente ai ciprioti, nessuno ha protestato seriamente: molto scalpore, ma alla fine abbiamo subito e basta, per il “bene della patria”. Che l’Italia sia un Paese illiberale si sa. Siamo capaci di giustificare e digerire ogni violazione dei diritti individuali, dalla privacy alla proprietà privata. Ma adesso, domandiamoci se l’Europa unita sia ancora quella sognata da tanti liberali?

Stefano Magni

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