Basta con i talk show

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In una struttura pubblica come la RAI, finanziata tra l’altro cospicuamente con l’onere del canone a carico dei cittadini, non pare si giustifichi il persistere di trasmissioni quali “Mezz’ora”, “Ballarò”, “Report” e simili, per varie ragioni di opportunità, di fatto e di diritto: la militanza politica, del tutto legittima, in altri e propri ambiti, viene camuffata da parvenze di dibattiti o reportages; il tenore del dibattito è diseducativo per i giovani, discenti o meno giovani, docenti e professionisti pensosi delle sorti della vita pubblica, dal momento che viene coltivata e favorita l’immagine della civile discussione come una forma di “pugilato intellettuale”, dove vince chi urla di più, dà sulla voce al dissenziente, scende sul piano personale; i sondaggi trasmessi a prova di presunta “scientificità” sono essi pure, bene spesso, “whisful thinking”, orientando prospetticamente – come il “colpo d’occhio” della storicistica previsione ha insegnato – verso un certo tipo di azione, oppure sono pressocché “ingenui” e “inutili”, assumendo un angolo visuale differente che ne elide la efficacia; gli opinionisti e rappresentanti politici interpellati sono pressocché sempre gli stessi, alternandosi nei ruoli di belle figurine o di pretesi “saggi”, sconfinanti nella banalità ovvero – più di frequente – nell’alterco; non è stato mai invitato un docente, un dirigente scolastico, un sano amministratore, una voce dell’ “Italia che non muore”, bensì – pressocché esclusivamente – emanazioni della più stretta “partitocrazia”, già confutata negli studi di Giuseppe Maranini, Nicola Matteucci e altri; le conclusioni sono “ a tesi”, tratte per “persuadere i persuasi”, come disse una volta il Croce nel dibattito pubblicistico del suo tempo ( sia pure mutato il dovuto ); il pubblico che assiste, forse e senza forse adeguatamente preselezionato, rende il contesto del dibattito una sorta di “fossa dei leoni”. Insomma, tutt’all’opposto di quanto dovrebbe ispirare la funzione dialogica e – non dispiaccia l’allusione alla lezione di Guido Calogero – “maieutica”, dove si cerca insieme la verità e non la si dà sonoramente per presupposta. Uno schiaffo per la civiltà italiana delle “umane lettere” e del decoro, intriso di pensosità, disponibilità all’ascolto prima di parlare, rispetto dei tempi, qual dovrebbe caratterizzare la funzione del servizio non solo “pubblico” ma culturale e civile. Si aggiunga che il mondo giovanile, scolastico e accademico non vive certo uno dei suoi momenti migliori, avvinto com’ è da una specie di “ircocervo del Duemila”, miscela di tecnocrazia e ideologia ( valutazione, Invalsi, innalzati spesso acriticamente da strumenti a fini ), con parallela “castrazione del cognitivo”. Non si legge più la “Recherche” almeno una volta per intiero; né l’opera di Joyce, perché “troppo difficile”, di sull’originale; non si conosce lo “Zibaldone” di Giacomo Leopardi ( a fondo, per intiero ); si confondono i testi di Carducci con quelli di Pascoli, e viceversa; di Anna Banti, la dotta consorte di Roberto Longhi, condirettrice di “Paragone” e autrice del romanzo storico-autobiografico “Noi credevano”, purtroppo deceduta da decenni, si proclama la pretesa supervisione del film omonimo ( con arbitri storici tratto dal suo capolavoro ), sol perché nelle locandine diffuse tra il pubblico le viene attribuita tale assurda qualifica ! E’ una cultura “eterodiretta”, ignara delle istorie, ridicola nella sua sopracciliosa presunzione o nei sorrisetti di “altezzosità servile” ( stupenda epigrafe dettata da Rosaria Assunto nel libro “Libertà e fondazione estetica” del 1975 ). In sintesi, val la pena di proporre l’abolizione delle sopra citate trasmissione; soppiantandole magari con il “modello Benigni” ( Lectura Dantis ), esteso a Machiavelli, Vico, il carme di Foscolo, i canti di Leopardi, le Odi civili di Manzoni, la poesia di Montale o di Bassani, la prosa smagliante di Croce ( ovviamente, in via d’esempio ), fatti leggere ai giovani e con i giovani. Riscopriamo la grandezza del “pensiero poetante”; la memoria altrice d’ogni sapienza e bellezza; la vocalità dell’interpretazione ( il vitale ricorso alla “voce”, per Carlo Antoni de “Il tempo e le idee” autentica forma di lettura della poesia). Guardiamoci dal divario tra “umanità” e “potere”, denunziato tra l’altro da Roberto Cotroneo a proposito dei limiti formativi dei cosiddetti “socialnetwork”, nei sui articoli su”Sette” del “Corriere della sera”. Se Umberto Eco disse anni fa “Economizzare su Joyce!”, diciamo di economizzare – ora – sul superfluo e l’inessenziale, il vanaglorioso e il borioso, la faziosità cripto-coreana malcelata dietro la melassa delle false battute. Un paese che dimentica le “storie”, la grande poesia e filosofia sua della “vita” e del “vivente originario”, il grande suo teatro ( da ritrasmettere, certo, Goldoni e Pirandello, D’Annunzio e Svevo ), non appare destinato a grandi fortune ( del terreno economico politico avendo discorso altrove, “Ci vuole un new deal per il liberalismo” e “Lo storicismo di Benedetto Croce”). Coraggio, pensiamo

Giuseppe Brescia

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Giuseppe Brescia
Filosofo storico e critico, medaglia d'oro del MIUR, Premio Pannunzio 2013 e Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica,Componente dei Comitati per le Libertà, ha procurato di innestare storicismo epistemologia ed ermeneutica. Dopo la fase filologica('La Poetica di Aristotele','Croce inedito' del 1984 ),ha espresso un sistema in quattro parti: 'Antropologia come dialettica delle passioni e prospettiva', 'Epistemologia come logica dei modi categoriali', 'Cosmologia', 'Teoria della Tetrade', 1999-2002).Per Albatros ha pubblicato il commento alla lezione di Popper in'Maledetta proporzionale' (2009,2013);'Massa non massa.I quattro discorsi europei di Giovanni Malagodi'(2011);'Il vivente originario'(saggio sulla filosofia di Schelling, con prefazione di Franco Bosio, Milano 2013); 'Tempo e Idee. Sapienza dei secoli e reinterpretazioni', con prefazione di Bosio (2015).I temi del tempo e del 'mondo della vita' si intrecciano con le attualizzazioni del 'male', da '1994'.Critica della ragione sofistica (1997), 'Orwell e Hayek', 'Ipotesi su Pico'(2000 e 2002) sino al recente'I conti con il male.Ontologia e gnoseologia del male'(Bari 2015).E' Presidente della Libera Università 'G.B.Vico' di Andria

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